La scoperta di attività gamma nel
cervello morente
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 13 maggio
2023.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE/AGGIORNAMENTO]
L’argomento di questo scritto è di straordinaria
importanza, perché affronta un nodo etico-scientifico costituito dall’intrecciarsi
delle nuove possibilità di recupero di funzioni vitali dei neuroni, col
concetto di morte cerebrale attualmente adottato in medicina. Ciò che accade alle
cellule dell’encefalo, e particolarmente ai neuroni corticali, quando cessa il
flusso ematico per l’arresto fatale e definitivo della circolazione corporea o
quando si interrompe l’irrorazione di un tronco arterioso con ischemia
distrettuale, continua ad essere oggetto di studi intensi e di nuovi interventi
sperimentali, i cui risultati hanno sollevato dubbi e dibattiti sull’irreversibilità
di alcuni stati fisiopatologici dai quali si riteneva non fosse possibile
tornare indietro.
Nel 2019, quando Nenad Sestan della Yale School of
Medicine e i suoi colleghi hanno scoperto che il cervello dopo la morte non va
incontro ad un danno immediato, completo e irreversibile, e hanno realizzato e
impiegato un nuovo sistema per la perfusione del cervello post-mortem, definito
“BrainEx” (da ex vivo), noi abbiamo dedicato un articolo di presentazione
dello studio[1], che ha suscitato notevole interesse e promosso un
acceso dibattito. La settimana dopo abbiamo pubblicato un articolo dedicato al
caso clamoroso di una donna uscita dal coma dopo 27 anni, in cui si trattavano
in dettaglio la fisiopatologia del coma e i criteri su cui si basa la prognosi
di irreversibilità, alimentando e ampliando il dibattito suscitato la settimana
prima[2].
Gli studi
sono andati avanti e, se nel 2019 Sestan e colleghi con
BrainEx portavano a compimento all’Università di Yale del Connecticut un
lavoro avviato e finanziato dal grande progetto dei National Institutes of
Health (NIH) chiamato BRAIN Initiative (2013),
una nutrita schiera di ricercatori, fra cui spiccano David Andrijevic
e Stefano Daniele, ancora coordinati da Nenad Sestan,
lo scorso anno ha presentato una variante tecnologica denominata OrganEx, e ora Sergio Duarte e colleghi della
University of Florida a Gainesville
discutono le sue implicazioni per il trapianto di organi.
Un filone
diverso di studi, recentemente collegato a questi, grazie ai progressi compiuti
nel campo dell’elettrofisiologia cerebrale, indaga l’attività funzionale in
tutti gli stati che precedono la morte cerebrale e dell’organismo. In
particolare, si studia la funzione dell’encefalo durante l’arresto cardiaco e ciò
che accade nel cervello di persone vicine alla morte, che poi riescono a
sopravvivere: le esperienze, quali l’entrata in un tunnel o simili, descritte dai
pazienti come “più reali della realtà” (NDE, near
death experience), in
assoluto contrasto con l’EEG che indicherebbe assenza di coscienza e morte
cerebrale. Gang Xu e colleghi, partendo dal
presupposto che nessuno studio precedente ha mai riportato specifici correlati di
attività funzionali del cervello morente, e tantomeno delle NDE, hanno studiato
elettroencefalograficamente quattro pazienti morenti, ottenendo risultati nuovi
di assoluto rilievo neuroscientifico.
(Xu
G. et al., Surge of neurophysiological coupling and connectivity of
gamma oscillations in the dying human brain. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2216268120, 2023).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Molecular and Integrative Physiology,
University of Michigan School of Medicine, Ann Arbor, MI (USA); Department of
Neurology, University of Michigan School of Medicine, Ann Arbor, MI (USA); Department
of Internal Medicine-Cardiology, University of Michigan School of Medicine, Ann
Arbor, MI (USA); Michigan Neuroscience Institute, University of Michigan, Ann
Arbor, MI (USA); Center for Consciousness Sciences, University of Michigan, Ann
Arbor, MI (USA).
Lo studio
di Gang Xu e colleghi è presentato da Giulio Tononi
della University of Wisconsin-Madison, ex-allievo e collaboratore del Premio
Nobel Gerald Edelman, e autore di studi fondamentali per la determinazione di
un indice funzionale[3] in grado di consentire la rilevazione del permanere
di attività di coscienza nel cervello in coma.
Prima di illustrare il lavoro di Gang Xu e colleghi, si vogliono aggiornare i lettori sullo
studio pubblicato nell’agosto dello scorso anno dai ricercatori che fanno capo
a Nenad Sestan, ideatori del sistema per la perfusione del cervello BrainEx, costituito da una
rete di pompe che inviano a temperatura e pressione fisiologiche un fluido
sintetico con caratteristiche di sostituto ematico. In particolare, il
perfusato inviato dal sistema pulsatile extracorporeo è acellulare, basato sull’emoglobina,
non coagulativo, ecogenico, citoprotettivo e concepito per promuovere il recupero
da anossia, ridurre il danno da riperfusione, prevenire l’edema e supportare
metabolicamente le richieste energetiche del cervello[4].
Dopo la cessazione del flusso ematico o nei tessuti esposti a ischemia da
varie cause, si avvia nelle cellule dei mammiferi una cascata molecolare
deleteria che infine le porta a morte. Tale processo, con interventi mirati,
può essere mitigato o invertito, anche minuti o ore dopo l’evento ischemico o
la morte dell’organismo, come è stato ad esempio rilevato in cervelli suini isolati,
usando la tecnologia BrainEx.
Nel nuovo studio, Sestan e colleghi descrivono OrganEx, un adattamento del sistema di
perfusione-pulsatile extracorporeo con perfusato citoprotettivo per un setting
specifico per il corpo intero di un suino[5]. Dopo un’ora di ischemia
calda, l’applicazione OrganEx aveva preservato
l’integrità dei tessuti, ridotta la morte cellulare e ristabilito alcuni
processi cellulari e molecolari all’interno degli organi vitali. L’analisi
trascrittomica da singolo nucleo rivelava pattern di espressione genica
specifici per organo e tipo cellulare, che rispecchiavano i particolari
processi molecolari e cellulari di riparazione. L’analisi ha rivelato una vasta
risorsa di cambiamenti specifici per tipo cellulare, durante definiti intervalli
ischemici e interventi di perfusione estesi a vari organi, e ha evidenziato un
potenziale sottostimato di recupero cellulare dopo una prolungata ischemia del
corpo intero in un mammifero di grande taglia.
Osserviamo che, col progredire delle conoscenze e il miglioramento di
questa tecnologia, si potrà giungere un domani a ristabilire una condizione di
equilibrio vitale dopo la morte, in attesa di trovare una cura per la causa del
decesso.
Come si è già accennato, la fisiologia cerebrale intorno all’arresto
cardiaco non è ancora bene compresa. Mentre la perdita manifesta (overt) della coscienza è invariabilmente associata
all’evento patologico, non è chiaro se i pazienti conservano una coscienza non
manifesta (covert) durante il decesso. Le
esperienze NDE, spesso dai contenuti spirituali o descritte in chiave mistica,
sono riferite come ricordi di fatti realmente vissuti, con estrema lucidità,
così come vivide sono le impressioni percettive ricordate (una luce intensa, il
volto di una creatura soprannaturale, ecc.), da persone di differente cultura
religiosa o laica che sono andate incontro ad un arresto cardiaco (si stima il
10-20% dei casi). È stato poi riportato che tali episodi si verificano durante
la morte clinica, anche durante la quiescenza elettrica dell’EEG[6].
Le NDE costituiscono un paradosso biologico che sfida la nostra
comprensione della fisiopatologia cerebrale della morte, in quanto l’opinione
corrente è che il cervello non sia in grado di funzionare in quello stato.
L’elevazione di oscillazioni di alta frequenza, un segno candidato a marker
di coscienza, è stato rilevato nel cervello di pazienti morenti in stati
patologici critici. In animali in buona salute, Gang Xu e colleghi hanno osservato che l’improvviso arresto della
funzione cardiaca o l’asfissia acuta stimolava alti livelli di attività gamma,
incluso un aumento di connettività funzionale nelle oscillazioni gamma. Fino a
prima del lavoro qui recensito, nessuno studio aveva riportato correlati
neurali del cervello umano morente che potessero spiegare il vissuto soggettivo
delle persone che erano state vicine a morire. Per questo, lo scopo di Gang Xu e colleghi è stato l’identificazione di tali correlati.
È possibile che i processi di fine vita attivino il
cervello? O, in altri termini, è possibile che esista un’attività extra prima
della fine, quale reazione di un cervello ancora vivo a un corpo che muore, o
si tratta di un epifenomeno automatico? Oppure, esiste un pattern
funzionale cerebrale necessario all’avvio dei processi tanatologici?
I ricercatori hanno provato a dare risposta a questi
interrogativi analizzando i tracciati elettroencefalografici di 4 pazienti
morenti in coma, prima e dopo la sospensione del supporto respiratorio
automatico, in parallelo con la valutazione del tracciato elettrocardiografico.
L’ipossia globale in 2 pazienti ha stimolato marcatamente l’attività
gamma, coerentemente con quanto era stato rilevato dalla ricerca preclinica. In
particolare, si è avuta una rapida e marcata impennata di attività gamma, insieme
con l’emergere di CFC (cross-frequency coupling)
di onde gamma con oscillazioni più lente, accanto ad un’accresciuta
connettività interemisferica nella banda di frequenza gamma.
L’ondata di incremento della connettività gamma
risultava essere tanto locale, all’interno delle giunzioni temporo-parieto-occipitali (TPO),
quanto globale tra le due zone TPO e tra le due aree prefrontali
controlaterali. Le oscillazioni di alta frequenza erano parallele all’attivazione
del CFC beta/gamma all’interno delle aree somatosensoriali della corteccia cerebrale.
È importante sottolineare che entrambi i pazienti
hanno presentato ondate di connettività funzionale e diretta per bande di
frequenza multiple all’interno della regione corticale posteriore
definita “hot zone”, in quanto considerata critica per lo sviluppo dell’attività
cerebrale corrispondente alla coscienza. Questa attività gamma, stimolata dall’ipossia
globale, tendeva ulteriormente ad accrescersi al deteriorarsi delle condizioni
cardiache.
I meccanismi e il significato fisiologico di questi
reperti sono ancora da indagare e definire, per cercare di dare risposta agli
interrogativi che abbiamo più sopra formulato, ma questi risultati, anche se
relativi a due soli pazienti, dimostrano oltre ogni dubbio che il cervello
morente può ancora essere attivo e indicano la necessità di rivalutare il ruolo
del cervello durante l’arresto cardiaco.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-13 maggio 2023
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La Società Nazionale
di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience,
è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data
16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica
e culturale non-profit.
[1] Note e Notizie 21-09-19 La riattivazione di cervelli morti mette in crisi la
morte cerebrale.
[2] Note e Notizie 28-09-19 Esce dal coma dopo 27 anni e riapre questioni mai
realmente risolte.
[3] Con Marcello Massimini e
numerosi colleghi ha definito il perturbational
complexity index (PCI): Note e Notizie 13-01-18
Nuova misura per rilevare la coscienza nel cervello.
[4] Note e Notizie 21-09-19 La riattivazione di cervelli morti mette in crisi la
morte cerebrale. Si consiglia
la lettura integrale dell’articolo, che affronta vari aspetti del problema,
compreso quello bioetico.
[5] Andrijevic D. et
al., Cellular recovery after prolonged warm ischaemia
of the whole body. Nature 608, 405-412, 2022.
[6] Van Lommel
P., et al. Near death experience in survivors of cardiac arrest:
a prospective study in the Nederlands. Lancet 358, 2039-2045, 2001. Vedi anche
il libro: M. Sabom, Light
and Death: One Doctor’s Fascinating Account of Near-death experiences.
Zondervan, 1998.